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6° CONGRESSO UNI Europa | REAL SAY MORE PAY

6° Congresso UNI Europa, Belfast, 25-27 marzo 2025. Rispetto per il lavoro, retribuzioni eque e contrattazione collettiva più forte.

Il sesto congresso di UNI Europa è iniziato martedì, 25 marzo, a Belfast, per rivendicare rispetto per il lavoro, retribuzioni eque e contrattazione collettiva più forte e per condividere esperienze e best practices.

La cerimonia di apertura ha celebrato il valore della lotta collettiva per i diritti dei lavoratori e la solidarietà sindacale, con forti appelli alla riaffermazione dell’impegno del movimento sindacale europeo per il lavoro di qualità e la contrattazione collettiva. Sul palco il sindaco di Belfast, Micky Murray e il primo ministro dell’Irlanda del Nord, Michelle O’Neill; poi Dave Ward (CWU), Jim Furey (Mandate Trade Union), Susan Fitzgerald (Unite the Union), Peter Hellberg (Unionen e UNI Europa); Christy Hoffman (UNI Global Union), Oliver Roethig (UNI Europa).

Intervento di Andrea Borghesi, Segretario Generale NIdiL CGIL

Abbiamo, compagni e compagne, un ruolo politico importante da svolgere affinché l’Europa rimanga spazio di pace, di libertà e di democrazia. Lottiamo per questo.

La democrazia è lo spazio politico indispensabile per la vita delle organizzazioni sindacali, mettiamo in pratica ogni giorno nella nostra azione i diritti di libertà di espressione e di riunione allo stesso tempo. La garanzia di quei diritti è quindi garanzia della libertà nostra e dei lavoratori che rappresentiamo.

Ma questo non basta ad un movimento sindacale perché non sono sufficienti le condizioni formali di democrazia. Essa è messa in discussione dal contesto di tensione internazionale, dalla costituzione di una vera e propria internazionale della destra che va dall’Argentina all’Italia passando per gli Stati Uniti, dalla fine del mondo multipolare, ma anche dalla crescita delle diseguaglianze di reddito e delle condizioni di lavoro delle persone, dalla riduzione di reddito da lavoro a favore di quello per rendita, dal ritiro del welfare state e dalla sua privatizzazione in particolare sulla sanità, dall’aumento di forme di lavoro non garantite spesso attraverso meccanismi digitali come le piattaforme.

A me sembra che tutti questi fenomeni siano presenti nella nostra Europa.

Allora dobbiamo batterci perché il disagio sociale non trovi come sta trovando nella destra le sue risposte attraverso nazionalismo, riarmo, costruzione del nemico interno gli immigrati, e di quello esterno altri stati confinanti e non solo. Il rischio è che il nostro spazio sindacale si riduca al paternalismo compassionevole delle classi dirigenti, o al corporativismo, il chiudersi nel proprio specifico contesto di lavoro, la riduzione della nostra funzione da soggetto di cambiamento a soggetto di stabilizzazione. Non è questa la nostra prospettiva.

Per questo dobbiamo sostenere la partecipazione dei cittadini alla vita democratica come proveremo a fare noi in Italia con i referendum popolari contro la precarietà del lavoro ma soprattutto opponendoci con forza anche qui oggi a logiche di riarmo che l’Unione Europea si appresta a varare, nel mentre ripropone politiche di austerità che riducono la possibilità comune e dei singoli stati di spendere per mettere in atto politiche industriali e del lavoro.

Andrebbero invece sostenuti investimenti per il lavoro per le transizioni green e tecnologiche.

Andrebbe poi ribaltato il paradigma europeo che in questi anni ha realizzato politiche solo sull’offerta di lavoro, solo sulle competenze dei lavoratori che vanno certamente aggiornate, invece di guardare alla qualità del lavoro proposto dalle imprese, qualità delle retribuzioni e delle condizioni di lavoro, del lavoro che si fa.

Abbiamo un ruolo da svolgere, compagne e compagni affinché l’Europa rimanga spazio di pace, libertà e democrazia. Lottiamo per questo. Facciamo nostro il monito di un leader della sinistra mondiale e un intellettuale morto nelle carceri fasciste, Antonio Gramsci “odio gli indifferenti”.

Noi crediamo che l’inazione o, peggio ancora, la complicità della comunità internazionale rappresenti un vero e proprio semaforo verde agli eccidi contro la popolazione palestinese e alla sottrazione della loro terra. I nostri governi non possono continuare a voltarsi dall’altra parte. La rottura della tregua, con la ripresa delle ostilità, pregiudica inoltre anche la vita stessa degli ostaggi dei quali continuiamo a chiedere la liberazione, così come chiediamo la liberazione di tutti i prigionieri palestinesi illegalmente detenuti. Per questo la mia organizzazione voterà no alla risoluzione su Gaza. Grazie.

Panel Contrattazione

Borghesi: sostenere contrattazione collettiva e migliorare contesto normativo, nazionale ed europeo, attraverso salario minimo orario e legge sulla rappresentanza.

Care compagne e cari compagni, care delegate e cari delegati, sono il segretario generale di NIdiL CGIL, una categoria anomala, qui e in Italia, che rappresenta lavoratori e lavoratrici interinali, atipici autonomi di tutti i settori, quindi trasversale.

Ovviamente, negoziamo anche noi e, qualche settimana fa, abbiamo rinnovato il contratto collettivo nazionale della somministrazione lavoro che riguarda circa 500mila lavoratori dipendenti di agenzie interinali, che ogni giorno si recano a lavorare presso la propria azienda utilizzatrice. Oltre alla parità di trattamento prevista per legge, abbiamo definito con le altre organizzazioni di settore di CISL e UIL diritti normativi e altre prestazioni, nonché – per quello che ci compete – trattamenti economici di indennità di disponibilità che hanno visto un aumento del 15%. Questo è avvenuto qualche settimana fa ed è stato un successo. Nel 2024 in Italia sono stati sottoscritti decine di CCNL che coprono milioni di lavoratori e lavoratrici con buoni aumenti salariali, mediamente attorno al 15%.

Mi potrei fermare qui, dirvi che abbiamo copertura di contratti superiore all’80%, che abbiamo una norma che salvaguarda i lavoratori negli appalti pubblici e l’applicazione dei contratti più rappresentativi, che rinnoviamo i contratti e che quindi tutto va bene. Ma non è così. ll problema è che i contratti firmati erano scaduti da diversi anni. Il rapporto dell’ILO di qualche giorno fa certifica che l’Italia è il paese in cui i salari reali hanno perso di più dalla grande crisi del 2008. A causa dell’inflazione, certamente, non solo energetica dovuta alla guerra russo-ucraina, ma anche legata ai profitti delle aziende che hanno aumentato il costo dei prodotti (come ha detto Fabio Panetta, governatore della Banca d’Italia). Le imprese, poi, hanno redistribuito dividendi agli azionisti e non retribuzioni ai lavoratori.

Poi ci sono altri due fattori, la precarietà (3 milioni di lavoratori e lavoratrici a termine e altri con altre forme di lavoro precarie) e il lavoro part-time spesso involontario (circa 2, 2 milioni con part-time involontario soprattutto donne). Questa situazione ingabbia giovani, donne e lavoratori immigrati. Tra lavoro a termine e falso utilizzo di formazione per l’accesso al lavoro attraverso stage e tirocini, l’Italia è diventato il Paese da cui i giovani vanno via per cercare nuove opportunità.

Negli appalti pubblici che valgono in Italia 200 miliardi di euro, grazie anche ai progetti del Next Generation EU, il governo Meloni vuole indebolire la normativa che tutela la contrattazione collettiva delle organizzazioni sindacali più rappresentative, con il rischio di applicazione di contratti collettivi sottoscritti da soggetti non rappresentativi. Noi ci stiamo opponendo a questa norma che mina i diritti dei lavoratori in appalto, aumentando anche i rischi di infortunio e favorendo imprese di bassa qualità.

Come sapete, noi siamo un Paese che non ha salario minimo e in cui la contrattazione collettiva è molto estesa, ma questo non basta. La contrattazione vive in un contesto normativo come quello italiano che sostiene precarietà e flessibilità lavorative e la frammentazione delle imprese, il loro nanismo, e quindi la differenziazione delle condizioni tra lavoratori nello stesso luogo di lavoro, anche con l’utilizzo di falso lavoro autonomo. Noi siamo per rappresentare anche questa parte del lavoro attraverso la contrattazione, ma quello genuino ovviamente.

Finisco con il dire, quindi, che bisogna sostenere la contrattazione collettiva ma va migliorato il contesto normativo, nazionale ed europeo, dentro il quale si esercita la contrattazione, attraverso una norma per un salario minimo orario e una legge sulla rappresentanza che definisca i contratti leader e metta fuori gioco i sindacati gialli e i bassi salari. Questo è molto importante. Per questo, a giugno, in Italia voteremo per 5 referendum contro la precarietà, per il ripristino delle condizioni di parità tra i lavoratori, per la responsabilità delle imprese negli appalti e per la cittadinanza.

Concludo davvero dicendo che dovremmo lavorare e prendere posizione contro il riarmo da 800 miliardi che si sta discutendo in questi giorni in UE: quelle risorse vanno utilizzate per la sanità, per lo stato sociale, per le politiche industriali e anche per conservare l’Europa come luogo di pace, libertà e democrazia attraverso il lavoro.