SOMMARIO
ToggleEsprimiamo forte preoccupazione per l’aumento del 200% delle attivazioni dei tirocini extracurricolari nel corso del 2021, ma – considerata la nostra costante attività di denuncia dell’utilizzo abusivo di questo strumento – non possiamo certo dire che i dati ci colgano di sorpresa.
I tirocini extracurricolari sono stati concepiti come percorsi di formazione per l’inserimento e il reinserimento nel mercato del lavoro di figure fragili o svantaggiate, giovani e non, disoccupate o inoccupate. In origine, quindi, sono stati pensati per disinnescare i processi di espulsione, esclusione e marginalizzazione nel mercato del lavoro.
Nonostante i lodevoli intenti, però, oggi solo nel 10% circa dei casi si arriva a un contratto di lavoro stabile e solo il 13,5% dei beneficiari è costituito da persone con fragilità.
Mercato del lavoro e Politiche attive
In un contesto di annunciata ripresa economica, l’incremento del 200% delle attivazioni degli stage e la bassissima percentuale di contratti stabili da essi derivati, si aggiunge agli altri dati sullo stato di salute del mercato del lavoro italiano: 3,9 miliardi di ore lavorate perse e un’occupazione prevalentemente a termine, fatta di part-time involontario e salari molto bassi.
Inoltre, dall’ultimo commento Adapt sui Tirocini extracurricolari emerge che, attualmente, lo stage è utilizzato prevalentemente per mansioni a bassa o bassissima qualifica e in settori come Ristorazione, servizi al Turismo, Magazzinaggio e Logistica, più marginale l’Industria.
Sono dati e statistiche che, in definitiva, evidenziano il fallimento dell’intento originario. Se vogliamo restituire efficacia alle politiche attive del lavoro e intervenire direttamente sulla necrosi del mercato che si sta generando, tutti questi elementi ci dicono a gran voce che è il tempo di ripensare anche e profondamente allo strumento del Tirocinio extracurricolare.
Le nostre proposte per migliorare lo strumento dei tirocini extracurricolari
- Bisogna riconoscere la necessità di una stretta nella fase di redazione dei piani formativi individuali, troppo spesso vissuta come mero adempimento burocratico.
- Bisogna vietare che lo strumento possa essere utilizzato per le cosiddette “attività elementari” e prevedere che, a conclusione del periodo di formazione, venga rilasciata al tirocinante una certificazione delle competenze, che costituisca un titolo realmente spendibile nella ricerca di occupazione.
- Per arginare il fenomeno del turn-over tra tirocinanti, bisogna impedire la reiterazione delle attivazioni per la stessa mansione, a meno che, nei 12 mesi precedenti, almeno un percorso di tirocinio non abbia condotto all’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato.
- Bisogna introdurre limiti che circoscrivano l’enorme platea di possibili beneficiari e che definiscano un monte temporale massimo in cui un lavoratore, durante tutto l’arco della propria esistenza, possa essere destinatario di un tirocinio extracurricolare. Alla luce del dibattito sul sistema pensionistico, peraltro, non si può sottovalutare anche il necessario riconoscimento dei periodi di formazione ai fini previdenziali.
- Altrettanto necessario è irrobustire il sistema di controlli da parte delle Regioni (che spesso promuovono e finanziano tali esperienze) e da parte dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro. Quando un tirocinante, di fatto, sostituisce un lavoratore dipendente e viene direttamente impegnato nel ciclo di produzione, senza essere stato affiancato un solo giorno dal proprio tutor aziendale, si trova in una situazione di soggezione e ricattabilità per la quale con enormi difficoltà denuncerà la propria condizione di sfruttamento.
Questi sono solo alcuni spunti per una riflessione che deve interessare complessivamente il sistema delle politiche attive sull’incontro tra domanda e offerta di lavoro. I fondi del Next Generation Eu devono rappresentare la leva per un’inversione di rotta, verso la riqualificazione della forza lavoro in essere e il reinserimento di chi è già stato espulso dal mercato del lavoro, riformando gli strumenti a nostra disposizione e provando a definirne degli altri, con l’obiettivo di liberare almeno un paio di generazioni dalla morsa della precarietà a vita e della povertà da lavoro.